Dal basket alle uova. Su alcune mostre a New York
Una parzialissima panoramica delle mostre d’arte che si possono vedere in questi giorni nella Grande Mela. Passando da Chelsea per arrivare a MoMA e Met. In uno scenario che – alla fine dei conti – sembra assai meno entusiasmante di quanto sembri al di là dell’oceano.

NELLE GALLERIE PRIVATE
Nel panorama francamente un po’ asfittico e ammorbante delle gallerie al “centro del mondo”, la cui massima attrazione è molto spesso rappresentata unicamente dallo spazio gigantesco, elegantemente rozzo (con buona pace degli adoratori nostrani dell’algido spirito artistico di questo inizio secolo, abbastanza noioso e derivativo in verità) si segnala Devin Troy Strother che è riuscito a realizzare una personale almeno divertente e ambiziosa, ispirandosi al film di animazione Space Jam (1996). Lo spazio della Marlborough Chelsea Gallery è dunque trasformato in una coloratissimo campo da basket spaziale, in cui ricche pennellate si spalmano su superfici specchianti e su riproduzioni di Michael Jordan in volo verso il canestro, in un inno nostalgico alla libertà e alla frenesia.

Giuseppe Salvatori, Cha cha cha (1987)
Ierimonti Gallery, nel suo nuovo spazio dell’Upper West Side, propone un’intelligente e interessante ricognizione degli Anni Ottanta italiani (Back to the ‘80s from Arte Povera to the Rediscovery of Nuovi Nuovi), indagati nelle loro pieghe più recondite e rimosse e – soprattutto – messi a confronto e in continuità con gli Anni Settanta. Che, pur poveri e poveristi, in questa luce nuova ci appaiono in effetti molto meno grigi e puritani di quanto voglia la vulgata, e molto più ben disposti verso l’estro, il colore, l’integrazione delle fonti (come ben dimostrano, per esempio, i pezzi di Kounellis e Paolini). D’altra parte, è estremamente affascinante vedere insieme le opere degli esponenti della Transavanguardia e quelle dei Nuovi Nuovi, perché in questa maniera, da un pezzo all’altro, si colgono non solo le affinità ma anche i conflitti di idee e di proposte in corso nel decennio. Come quelle di Luciano Bartolini (Senza titolo, 1981), di Giuseppe Salvatori (Cha cha cha e Rumba, 1987), di Salvo (Funghi, 1982) o di Felice Levini (la struggente Italia spezzata, 1994).

Jean Dubuffet, Mur aux inscriptions (1945)
NEI GRANDI MUSEI
Passando ai grandi musei della città, una delle mostre più riuscite per il suo rigore, il suo approfondimento e la sua completezza è certamente Jean Dubuffet: Soul of the Underground al MoMA. La retrospettiva, la prima in venticinque anni, si concentra sulla fase chiave della produzione dell’artista francese tra il secondo dopoguerra e la metà degli Anni Sessanta, rendendo conto della sua attitudine sperimentale nei confronti dei materiali. Negli anni dell’Informale, Dubuffet riuscì ad essere un protagonista assoluto di quella stagione, mantenendo un atteggiamento estremamente personale e radicale, anticonformista e ribelle, e scavando la sua figurazione impossibile in una materia occulta, notturna, ctonia (“l’anima del sottosuolo”, appunto, come recita il titolo di una sua opera del 1959). I Muri, le Barbe, le Texturologie: attraverso quadri, disegni, litografie e sculture ci addentriamo nel mondo paradossalmente affettuoso di questo grandissimo autore.

The Forever Now Contemporary Painting in an Atemporal World – MoMA, New York 2015
Christian Caliandro
New York // fino al 16 marzo 2015
Back to the ‘80s from Arte Povera to the Rediscovery of Nuovi Nuovi
IERIMONTI GALLERY
24 West 57th Street – Suite 501-503
+1 (0)212 5811619
www.ierimontigalleryusa.com
New York // fino al 16 marzo 2015
Jean Dubuffet – Soul of the Underground
a cura di Jodi Hauptman e Sarah Suzuki
New York // fino al 5 aprile 2015
The Forever Now: Contemporary Painting in an Atemporal World
a cura di Laura Hoptman e Margaret Ewing
MOMA
11 West 53th Street
+1 (0)212 7089400
www.moma.org
New York // fino al 19 aprile 2015
Thomas Hart Benton’s America Today Mural Rediscovered
THE METROPOLITAN MUSEUM OF ART
1000 Fifth Avenue at 82nd Street
+1 (0)212 5357710
www.metmuseum.org






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