Fitzcarraldo chiama, Lecce risponde
Tre giorni per fare il punto sulla cultura in Italia. Ma anche per guardare avanti, nel confronto con enti pubblici e imprese. Per il secondo anno, la Fondazione Fitzcarraldo di Torino porta a Lecce il convegno ArtLab. Ne abbiamo parlato con Ugo Bacchella, presidente della fondazione.

Per il secondo anno portate a Lecce la crème dei rapporti tra cultura e management. Cosa cambia rispetto allo scorso anno?
ArtLab12 si presenta con il più ricco programma tra le sette edizioni organizzate dal 2006 a oggi. Abbiamo voluto affrontare il dialogo sul management culturale da diversi punti di vista, offrendo una varietà di occasioni per mettere a confronto esperienze e individuare percorsi di collaborazione. Quest’anno si parte con alcune proposte di formazione a cura di Fitzcarraldo e di altri partner come la Scuola Holden, l’Università di Bologna, BAM Strategie Culturali, un’occasione per gli operatori che parteciperanno di rafforzare le loro competenze, essenziali in un periodo di grandi sfide.
E il convegno?
La parte convegnistica, concentrata dal 27 al 29 settembre, rilancerà il ruolo della cultura come fattore di sviluppo dei territori. Com’è cifra di ArtLab sin dagli esordi, questo dibattito sarà aperto alle voci non solo di chi fa cultura, ma di tutti quei soggetti che partecipano alla crescita di un territorio: gli enti pubblici, le imprese, il mondo del sociale, le fondazioni bancarie… L’obiettivo è accrescere la conoscenza e la comprensione reciproca delle rispettive logiche, degli obiettivi, delle prassi: un confronto franco e senza reticenze sui bisogni e sugli interessi dei diversi attori è la condizione per costruire percorsi condivisi di sviluppo sostenibile.
Ci saranno numerosi incontri e dibattiti oltre a occasioni per incontrarsi e conoscersi: sportelli dove trovare una consulenza sul fundraising o sulla gestione delle organizzazioni culturali, colazioni con esperti e professionisti. E non mancheranno l’arte e la musica dal vivo (tra gli ospiti quest’anno contiamo anche su un grande jazzista come Antonello Salis) e i momenti conviviali. Perché ArtLab non è un incontro da sala convegni, è una manifestazione vivace e appassionata che invaderà piazze, palazzi storici, teatri del bel centro storico di Lecce.

ArtLab11
Perché la Puglia e perché il Salento? Com’è nata questa scelta e che significato ha per voi?
La Puglia è un territorio straordinariamente dinamico che negli ultimi anni ha attuato delle politiche pubbliche interessanti, non limitandosi ai consueti interventi di conservazione dei beni culturali, ma sperimentando programmi a sostegno della nuova creatività sul territorio.
Quando due anni fa, al termine della quinta edizione di ArtLab a Torino, abbiamo deciso di rendere questo appuntamento itinerante e di avvicinarci al Sud, abbiamo riconosciuto nel Salento un terreno ideale, avendolo già sperimentato per nostre attività di formazione.
La scelta è stata felice: la città di Lecce, con i suoi bei palazzi, chiese, teatri, piazze, ha saputo dare una nuova dimensione e un nuovo spirito più “festivaliero” a questo appuntamento. ArtLab infatti si articola su circa 12 sedi nel centro storico di Lecce, la cui conformazione permette di realizzare al meglio quel progetto di incontro, conoscenza e dialogo che è ArtLab.

ArtLab11 con la partecipazione del governatore Vendola
Che cosa prevedete in termini di numeri? Quanti iscritti? Quanto pubblico? Che tipo di interesse vi aspettate di muovere?
La nostra ambizione è portare a Lecce quanti più professionisti della cultura da tutta Italia, che hanno qui la possibilità di incontrare altri attori chiave dell’economia, dell’impresa, della politica. Non ci aspettiamo di muovere grandi numeri, ma di muovere idee. Vogliamo dare un’occasione di rilancio e una nuova capacità prospettica a chi opera nella e per la cultura oggi in Italia. Vogliamo chiamare a raccolta tutti coloro che hanno a cuore il territorio, mettendo al centro dell’attenzione la grande risorsa di cui questo Paese è ricco: arte e cultura. Perché solo insieme si possono costruire percorsi di sviluppo sostenibile.
La vostra manifestazione parte nel 2006: un altro mondo, un’altra era geologica. Se dovesse rapidamente sintetizzare le differenze tra ieri e oggi, cosa sottolineerebbe?
Sicuramente allora chi operava in questo ambito poteva contare su maggiori risorse (anche se mai abbondanti) e su una varietà di fonti di finanziamento (dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali, dalle fondazioni di origine bancaria, dalle imprese): si poteva contare su una maggior “biodiversità” di finanziatori, che a sua volta creava le condizioni per una maggior “biodiversità” di attori che producevano cultura.
Oggi questa biodiversità si è ridotta. Il drastico calo delle risorse disponibili ha inoltre dato un’accelerazione drammatica ad alcuni trend negativi che già si notavano sette anni fa: si pensi al degrado oggi ancor più evidente della qualità e della quantità dei servizi pubblici culturali nazionali e locali (le biblioteche in testa), allo spazio risicato e ora ancor più ridotto dedicato a chi opera nel contemporaneo… Il problema è che, se già allora giocava un ruolo marginale, ora, con questa crisi, la cultura tende a essere completamente derubricata dalle agende dei decisori.
D’altro lato, oggi più di allora, possiamo contare su un miglioramento delle competenze gestionali e di progettazione: sono stati formati tanti operatori e tanti giovani. Il problema però è che soprattutto questi ultimi non hanno spazio perché la situazione negli enti culturali è ed era bloccata. Chissà che questa crisi non sia occasione per un cambiamento, per un ricambio.

La biblioteca della Fondazione Fitzcarraldo a Torino
Guardiamola in positivo. Dopo quattro anni di crisi lancinante è il tempo delle opportunità. Se lei dovesse citare tre case history nel mondo della cultura, tre storie di crescita, sviluppo, idee, innovazione e reddito, quali citerebbe e perché.
Di casi interessanti ce ne sono diversi e saranno al centro di una sessione specifica di ArtLab, Progetti sotto la lente. Tra questi, progetti di rivitalizzazione sociale ed economica a partire dalla memoria storica dei luoghi a Palermo (Mare memoria viva) e Napoli (Rione Sanità), alcune iniziative per la promozione della lettura tra i giovanissimi (le biblioteche pediatriche Le quattro stagioni a Bari e la Biblioteca dei ragazzi a Foggia), un festival di arti contemporanee (Kilowatt di San Sepolcro) e uno sull’impegno civile e la legalità (Festival dell’impegno civile – Le terre di don Diana a Caserta), un distretto creativo in Emilia Romagna (Romagna Creative District), il Farm Cultural Park di Favara, alcuni progetti pilota di valorizzazione integrata realizzati dal MiBAC in Toscana, Sardegna e in altre regioni, un innovativo progetti teatrale nelle Valle del Trentino e molti altri ancora .
Come già accennato, anche venerdì mattina ci confronteremo con alcune esperienze tra le più interessanti d’Italia per capire come stanno affrontando il cambiamento in corso. Tra queste, Indisciplinarte di Terni, Esterni di Milano, Ex Fadda di San Vito dei Normanni.
Dal vostro osservatorio privilegiato, oltre a tutto il mondo della formazione che presidiate da 25 anni, vorremo chiedervi una proposta. Qual è la ricetta per far uscire il comparto culturale italiano da questa situazione di stallo, di degrado, di declino?
Non abbiamo una ricetta, ma abbiamo delle idee e qualche proposta. Riportare l’attenzione sulle potenzialità delle grandi risorse culturali di questo Paese, rilanciando un dibattito ridotto ai minimi termini e che tende più alla retorica che a tradursi in azioni positive e concrete. Recuperare la diminuzione di risorse pubbliche e allocarle con una netta discontinuità rispetto allo storico, sostenendo l’innovazione e la sperimentazione, e perseguendo l’integrazione con le altre politiche pubbliche. Superare gli approcci meramente strumentali, che leggono il patrimonio culturale e creativo in termini di mera risorsa economica e di attrazione turistica. Più disponibilità da parte degli operatori al cambiamento, al dialogo sociale, alla costruzione di alleanze territoriali per lo sviluppo.
Massimiliano Tonelli
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