Il cinema e i tempi oscuri. Da Carlo Levi a Roberto Andò

Il sottotitolo di questo articolo potrebbe essere: “Dei film che anticipano il futuro e della sinistra italiana”. Di cinema e politica infatti si parla in questo intervento dell’artista Gian Maria Tosatti. Un bilancio delle elezioni politiche appena archiviate.

Cercare tutti insieme l’armonia assoluta, suonando Tchaicovsky. Questo è il vero comunismo. Lo dice il personaggio di Andrej Filipov ne Il Concerto di Radu Mihaileanu a un vecchio dirigente del Pcus che, dopo aver vissuto, con la scalcagnata orchestra del film, le peggiori peripezie, preferisce presenziare a una riunione di partito invece che assistere al debutto della loro grande avventura musicale. In quella frase, passata nelle sale cinematografiche ormai quattro anni fa, c’era l’embrione di tutto quello che oggi è frattura.
Sono un artista e a volte mi si rimprovera di parlare in prosa. Sì, è vero, la mia lingua è un’altra e prometto di continuare a parlarla nel mio lavoro, ma qui, al bar – ché un giornale in fondo è lì che si legge -, parliamo tutti la lingua del quotidiano. Bene, dunque in prosa, voglio dire che gli artisti in questi anni ci hanno mostrato il mondo del futuro. Non hanno mancato di metterci di fronte alle contraddizioni con la generosità di fornire, attraverso l’anticipo profetico, il tempo per prevenire la catastrofe, il tempo per riflettere prima di compiere l’errore e in certi casi ci hanno dato anche la ricetta per uscire dall’impasse.
Esco dalla proiezione di Viva la libertà e una volta in più (si badi bene, non per la prima volta, ma una volta in più) penso che gli artisti avevano dato forma alla realtà ben prima che essa si manifestasse coi suoi esiti drammatici, a volte tragici. Il motivo è semplice, semplicissimo, e risiede nel fatto che la realtà manifesta se stessa ben prima del raggiungimento del suo apice critico e del suo collasso. Tutti ne hanno presentimento, alcuni (i poteri che rappresentano l’ordine in crisi) cercano di negarlo finanche a se stessi, altri (gli artisti appunto) le danno forma in immagini facendone sogni premonitori a occhi aperti.

Radu Mihaileanu - Il Concerto

Radu Mihaileanu – Il Concerto

In questi giorni ha fatto una certa sensazione la vicenda dell’ultimo film di Nanni Moretti paragonata alle dimissioni di Benedetto XVI e ancora oggi il film di Roberto Andò scuote per l’attualità stringente della sua costruzione che lo fa quasi sembrare un instant movie, se non fosse appunto che la pellicola è tratta da un romanzo, dello stesso regista, uscito già un anno fa. Ma facciamo bene attenzione, Viva la libertà non è un film sul presente, ma sul futuro. Nella pellicola c’è quel che è stato, ma anche quel che deve venire. O forse dovrei dire, “che dovremmo fare in modo che avvenga”.
Scrissi un breve saggio circa un anno e mezzo fa, sulla portata di un’opera come Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, in cui una volta ancora rilevavo la capacità degli artisti di produrre documenti di estremo interesse nella decodificazione del presente. E più della qualità letteraria di quel romanzo scritto da un pittore, notavo come esso fosse precipitato violentemente nel pieno dei lavori dell’Assemblea Costituente della Repubblica Italiana, riportando all’attenzione un problema – la condizione reale del sud Italia – dopo che per vent’anni il regime fascista ne aveva fatto un tabù. Ci è voluto un romanzo. Levi non si era certo inventato nulla di nuovo né di originale, ma aveva dato voce alla realtà, una realtà che altrimenti dubito sarebbe entrata con eguale forza nelle aule del neonato parlamento repubblicano.
Gli artisti non inventano. Traducono. Mettono in forma, letteraria, visiva, sonora – poco importa la disciplina – ciò che è sentimento, è essenza; in una parola: struttura.

Roberto Andò - Viva la libertà

Roberto Andò – Viva la libertà

Il film di Andò mi colpisce perché, avendo amato Bertolt Brecht, non ho avuto difficoltà a riconoscere tutte le citazioni che nel film vengono dall’opera poetica dello scrittore tedesco e che costituiscono l’ossatura dei discorsi pubblici del candidato. Ho riconosciuto quelle parole ben prima che il film ne dichiarasse la paternità. E sono parole che, proprio come nella pellicola, possono far riflettere e infiammare. Il protagonista è un politico di fantasia, anzi, è il gemello pazzo di un politico di fantasia, che per un caso del destino (anzi, una Forza del destino, visto che dell’overture verdiana se ne fa grande uso) si trova a dover rimettere in piedi un’opposizione ormai implosa. (Se non fossero sufficienti le somiglianze con il Pd, a un certo punto è proprio la foto di Berlinguer nell’ufficio del protagonista a rendere inequivocabile l’analogia.)
Il fratello filosofo ed ex internato in manicomio si trova, per un caso, a sostituire il segretario del partito all’insaputa di tutti e a ricostruire, proprio con le parole di Brecht, una nuova retorica a un partito che non ha più spirito. Le corrispondenze con la realtà sono tutte puntualissime e diventano quasi il basso ostinato dell’intera sinfonia. Non lasciano scampo, non fanno mai decollare il film verso una dimensione fantastica, i personaggi non sono figure canovaccio, sono copie identiche degli originali. E così il dispositivo della pellicola, innescato in uno spazio così riconoscibile, moltiplica la sua potenza, radica i suoi effetti nella riconoscibile quotidianità e il salto intellettuale non è troppo ostico nemmeno per la mente più pigra.

Roberto Andò - Viva la libertà

Roberto Andò – Viva la libertà

Roberto Andò - Viva la libertà

Roberto Andò – Viva la libertà

P.S.
Una analogia ulteriore nasce dalla visione del film di Andò. Viva la libertà è un film in cui la sinistra non ha più paura di perdere e vince, non come partito politico, ma come idea, come filosofia. E appunto, passando in rassegna con la memoria, la famosa “nuova generazione” del Pd, di cui tanto si parla ultimamente (ma son loro stessi a parlarne), per dar l’impressione che ci sia del nuovo finalmente, penso, senza timore di sbagliare, che né i Renzi, né le Serracchiani o gli Orfini abbiano nulla di diverso dai loro immediati predecessori. È tutta gente che non saprebbe citare Hegel nemmeno a sproposito. Se il Pd vuol vincerle le elezioni, prima o poi, prima che le vinca Grillo, è ai gemelli filosofi e pazzi che deve consegnarsi. Mentre ero al cinema mi sono ricordato che la sinistra italiana ha uomini come Massimo Cacciari. Sarà il caso che se ne ricordino anche a Palazzo?

Gian Maria Tosatti

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